lunedì 13 febbraio 2012

Le maschere di Carnevale


Arlecchino ha un padrone tanto avaro che è costretto a rattoppare il vecchio vestito con ritagli di vari colori. E’ un servo ingnorante, goffo ma astuto, sempre affamato. Parla un linguaggio sboccato ed è specialista nell’eseguire capriole e acrobazie.
Colombina è una domestica agile e svelta, furba e civetta, impertinente e pettegola. Di solito è moglie o compagna di Arlecchino.
Pantalone, di origine veneziana, è un ricco mercante che deve il suo nome forse ai calzoni (pantaloni) che indossa. Avaro e un po’ scorbutico, non sopporta i giovani, è vittima di beffe e si innamora sempre senza successo.
Pulcinella si prende gioco di tutto e di tutti: il suo ideale è il dolce far niente, i suoi sospiri sono per il mangiare e l’ubriacarsi, con tutti i guai che ne seguono. E’ una maschera della tradizione napoletana. Il suo costume è un camiciotto bianco come i facchini del tempo.
In Francia nasce il tenero e ingenuo Pierrot, maschera malinconica e poetica, innmorato patetico e sfortunato. Indossa larghi pantaloni bianchi, una casacca pure bianca e larga, una calotta nera di velluto in testa ed il viso è imbiancato.
Gianduja nacque come burattino per trasformarsi nel Settecento nella più importante maschera piemontese. Viveva in una casetta di campagna, chiamata “ciabot”, assieme alla moglie Giacometta. Da semplice contadino, con il passare del tempo si trasformò in un gentiluomo allegro, amante del buon vino e della buona tavola. Spesso Gianduja entrava in un’osteria e chiedeva un boccale di vino. Pare che il suo nome derivi dalla frase “Gioan d’la douja” che significa “Giovanni nel boccale”.
Brighella “Corteggio chi spende, semino dove si raccoglie, dimentico chi è inutile, prometto a tutti, mantengo a pochi, mi chiamo Brighella e faccio ogni giorno una marachella!” La maschera rappresenta un servo furbo, sempre pronto a beffare il suo padrone, quasi sempre Pantalone.
Baldanzone è un simpatico Dottore che usa un linguaggio apparentemente da persona colta, ma in realtà dice solo cose insensate, usando paroloni presi dal latino, dal greco o da lingue straniere. Gesticola con ampi e lenti movimenti delle braccia. Piega il capo all’indietro e butta la pancia in fuori per sembrare più imponente e incutere soggezione a chi lo ascolta. Quando interpreta il “medico”, dà pareri oscuri sulla malattia e alla fine non riesce mai a guarire nessuno.

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